Merhaba!

Vuoi imparare il turco? Prima lo inquadro per bene.
Il turco è una lingua turchica, parlato da un popolo all'incrocio tra Europa ed Asia è una lingua che ha poche somiglianze con le familiari indoeuropee, grazie a ciò il turco si distingue considerevolmente per il suo vocabolario e struttura del periodo dalle lingue contornanti, soprattutto struttura del periodo.
Il turco è una lingua agglutinante, il che significa che ha a sua disposizione un elevato numero di affissi (solitamente suffissi) incollabili alle parole per specificarne il significato; ciò gli permette molto spesso di omettere i verbi ritenuti italianamente necessari quali «essere» ed «avere» (per es. i turchi direbbero «benim arabam var», letteralmente «mia auto che è mia c'è» per comunicare «ho un'auto»), ciò non li basta: come noi omettiamo la persona dei verbi perché già suggerita dalla coniugazione, quest'ultima, infatti, la omettono anch'essi perché i loro verbi vengono analogamente coniugati.


Ora che tu, studente del latino, sei gelato nella prospettiva di dover studiare a memoria ognuna delle flessioni turche, perché, ahimè, come il latino il turco possiede i casi grammaticali, puoi distendere i nervi e richiudere i tuoi libri di tecnica memonica nella libreria che ti eri ripromesso di bruciare, ma che gli sguardi autorevoli della professoressa ti hanno annosamente impedito; puoi riporre i tuoi libri nella libreria, perché la lingua turca è regolare, non muta le parole, ricorda: ci agglutina gli affissi, perciò è regolare! (devi imparare soltanto gli affissi, sic.)
Discorrendo sui suoni: la maggior parte sono coincidenti con l'italiano; in aggiunta ci sono le o, u francesi/tedesche, la r più marcata che nell'italiano, la gi moscia, l'aspirazione toscana ed una vocale particolare simile alla scevà.
Peki [bene], partiamo!

Alfabeto turco

Lettura e pronunzia

L'alfabeto turco è stato introdotto dal padre dei turchi nel 1928 come riforma razionalista per abbracciare tutto il corredo fonologico turco, al contrario del precedente alfabeto turco, che era su base araba piuttosto che latina.
A causa di tale razionalismo formativo, che vuole rappresentare compiutamente i suoni della lingua turca, ogni suono è descritto soltano con un solo carattere. Non esistono digrammi, trigrammi, poligrammi, perciò ogni lettera (d'ora in poi nominata grafema) produrrà un suono (d'ora in poi nominato fono ed il suo simbolo fonema), ma, attenzione, un grafema possiede a volte a sua alternativa anche più di un fonema e per questo non è sempre apparente come suonerà.

I turchi dividono le vocali in due gruppi importanti: posteriori e anteriori.
I due generi sono classificati secondo la posizione buccale della loro fonazione, i suoni E, İ, Ö, Ü vengono fonati anteriormente (detti anche palatali), i suoni A, I, O, U posteriormente [la A non è davvero posteriore, ma lo viene considerato] (detti anche velari).
I grafemi A, İ, Ö, O, Ü, U sono univoci e rappresentano rispettivamente la A italiana, I italiana, Ö tedesca o oeu francese, O chiusa di mónte, Ü tedesca o U francese, ed infine la U italiana. Il grafema E è più ostico perché, come per l'italiano, racchiude in sé due fonemi alterni, cioè la e chiusa di mése e aperta di lètto.
I criteri per riconoscere il fonema della E sono: in generale si pronuncia /e/, fa eccezione quando precederà le consonanti M, N, L o R dove si pronuncerà /ɛ/.
La I senza puntino, da non scambiare per la İ col puntino, che in turco presenta un punto anche al maiuscolo per distinguerla, produce un fono totalmente estraneo alle lingue indoeuropee, il /ɯ/, meglio allenarsi ad ascoltarlo ripetutamente per tentare di riprodurlo, lo descriverei come un misto tra la Ü e la E aperta condite da un pizzico di lentezza cognitiva.

Le consonanti sono generalmente univoche, ma, tenendo da parte i casi particolari, le lettere G, C, Ç, S, Ş, J, Y presentano degli esiti inaspettati per i lettori italiani, mentre il resto risulta lampante, perciò vale la pena soffermare del tempo di studio aggiuntivo su codesti grafemi.
Le consonanti non univoche sono la G, K e L che mutano davanti a delle vocali particolari (ricorrere alla tabella); sarebbe più giusto dire che si conformano alle vocali che le seguono, perché nel loro mutarsi si avvicinano alla tipologia di fonazione delle vocali cagionanti. Per ultima la consonante Ğ che dava anticamente luogo, cioè nel momento della progettazione dell'alfabeto, un suono, ma col tempo si è fiaccato e, al giorno d'oggi, quasi nessun turco lo pronuncia più; a dispetto di ciò essa permane nella grafia che è in uso per ragioni etimologiche.
I suoni delle consonanti univoche turche sono:
|B come la B di bambino e botola|  |C come la G di gelato e gita|  |Ç come la C di cera e circo|  |D come la D di duomo e dama|  |F come la F di figa e farro|  |H espirata come la cocacola in Toscana|  |J come la J francese di je suis|  |M come la M di mano e menta|  |N come la N di noce e nembo|  |P come la P di pirla e pomo|  |R più vicina ai denti della nostra|  |S come la S di sasso e sirena|  |Ş come la SC di pesce e scivolo|  |T come la T di tenda e timo|  |V come la v di vite e voce|  |Y semiconsonante come la J di Jesolo e Jacopo|  |Z come la S di sdraio e pisello|

Riassumo quanto esposto nelle tabelle sottostanti:

Vocali palatali
GrafemaFonema pr.Fonema sec.
E e/e//ɛ/           |?|
İ i/i/
Ö ö/œ - ø/
Ü ü/y/
Vocali velari
GrafemaFonema pr.Fonema sec.
A a/a/
I ı
/ɯ/
O o/o/
U u/u/
Consonanti mutevoli
GrafemaFonema pr.Fonema sec.
G g/g/
/ɟ/
              |?|
Ğ ğ/ /
/ɰ/
              |?|
K k/k/
/c/
              |?|
L l
/ɫ/
/l/              |?|
Consonanti univoche
GrafemaFonema pr.GrafemaFonema pr.
B b/b/P p/p/
C c/d͡ʒ/R r
/ɾ/
Ç ç/t͡ʃ/S s/s/
D d/d/Ş ş/ʃ/
F f/f/T t/t/
H h/h/V v/v/
J j/ʒ/Y y/j/
M m/m/Z z/z/
N n/n/

Armonia vocalica

Sapete come prima abbiamo suddiviso le vocali in palatali e velari? Codesta differenza i turchi la sanno d'istinto, giacché li guida verso una loro azione definita «armonia vocalica», che svolgono ininterrottamente nella formazione delle loro parole.
È un fenomeno importante perché aiuta a tenere il filo di una parola agglutinata.
Si tratta di un assimilazione, o anche meglio un'armonizzazione, delle vocali di un affisso all'ultima vocale che è presente nel nome che lo precede; lo stesso affisso, possiederà infatti almeno due varianti e si sceglierà quella che rientra nella stessa categoria vocalica.
Molto semplicemente: attaccando gli affissi si sceglierà la variante più simile acusticamente, portando il nome a risultare contiguamente armonioso.

Per esempio, proviamo a formare il plurale di ay (luna): dovrò scegliere fra i due affissi pluralizzanti lar e ler quello armonizzante con la vocale a di ay; scelgo lar perché appartiene alla stesso gruppo vocalico, formando aylar (lune).

L'affisso pluralizzante è un caso speciale dal momento che possiede soltanto due varianti, una per le vocali palatali e l'altra per le velari, mentre la prevalenza degli affissi ne possiede quattro, poiché suddivide ulteriormente i macrogruppi vocalici in due ulteriori gruppi secondo due qualità: vocali non arrotondate ed arrotondate (cioè a labbra rilassate oppure a papera).

I macrogruppi palatali e velari formano dunque quattro microgruppi vocalici: palatali non arrotondate (E, İ), palatali arrotondate (Ö, Ü), velari non arrotondate (A, I), velari arrotondate (O, U).
Consiglio di seguire la tabella seguente per ricordarli

– Macrogruppi –
Vocali palataliVocali velari
– Microgruppi –– Microgruppi –
non arrotondatearrotondatenon arrotondatearrotondate
E e - İ iÖ ö - Ü üA a - I ıO o - U u

Un esempio di affisso completo di varianti è il suffisso -cik -cük -cık -cuk (che similcorrisponde al nostro diminuitivo -etto), per cui ev (casa), diventa evcik (casetta) e maymun (scimmia), diventa maymuncuk (scimmietta).

Verbi basilari

Dall'essere al venire

[olmak, yapmak, gitmek, gelmek, bilmek, okumak, yemek, içmek]
[auristo: io sono solito a ...]